Onorevoli Colleghi! - Di fronte alla drammatica crisi politica che investe la maggioranza di centrosinistra l'esigenza di migliorare la legge elettorale vigente non può costituire un impedimento per lo svolgimento di nuove elezioni politiche. Al limite, sarebbe infatti sufficiente una sola modifica alle norme per l'elezione del Senato della Repubblica, vale a dire l'introduzione del premio di maggioranza nazionale in luogo dei premi regionali di coalizione, per assicurare una maggioranza ampia anche nell'Assemblea di Palazzo Madama. Come sostenuto dal professor Roberto D'Alimonte e da tanti altri studiosi e costituzionalisti, il premio di maggioranza nazionale non contrasta affatto con l'articolo 57 della Costituzione. D'altro canto, i rischi derivanti da una divaricazione nella composizione delle due Camere possono essere eliminati alla radice solo con la riforma del bicameralismo e la sottrazione del rapporto fiduciario con il Governo al Senato della Repubblica, trasformato in Senato federale o delle autonomie. La riforma costituzionale che conteneva tale significativa innovazione (insieme al rafforzamento dei poteri del Primo ministro, alla riduzione del numero dei parlamentari e alla revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione), approvata nella scorsa legislatura dalla maggioranza di centrodestra, è stata purtroppo respinta nel referendum svoltosi il

 

Pag. 2

25 giugno 2006, a seguito della forsennata campagna contraria condotta dal centrosinistra. Quella riforma conteneva certamente incongruenze e limiti tecnici, ma vi sarebbe stato il tempo per correggerli in modo bipartisan, considerato che la sua entrata in vigore era differita nel tempo (a parte le norme relative al citato titolo V, che, come era opportuno, sarebbero state immediatamente operative). Sarebbe stata la missione della presente legislatura (e dello stesso Governo Prodi). È stata invece sprecata, per livore antiberlusconiano, una grande occasione riformatrice, forse irripetibile per molti anni a venire. È impensabile che una riforma che comporta la revisione di almeno 25-30 articoli della parte seconda della Costituzione e che richiede almeno un paio di anni di tempo possa essere approvata nuovamente in questa legislatura caratterizzata dalla estrema debolezza e precarietà politica, oltre che numerica, della maggioranza di Governo.
      In queste condizioni, appaiono realizzabili solo modifiche limitate alla legge elettorale vigente. Da questo punto di vista sono certamente da prendere in considerazione alcuni dei correttivi della legge elettorale vigente proposti dal professor Roberto D'Alimonte.
      Qualora invece le condizioni politico-parlamentari consentissero modificazioni più significative del sistema elettorale (ad esempio, sulla spinta del nuovo referendum), riteniamo che si debba prendere in considerazione come modello di riferimento il sistema spagnolo (oggetto della presente proposta di legge) e non già quello tedesco, da taluni prospettato nel corso della recente crisi di Governo. Infatti, l'adozione del modello tedesco nel nostro Paese comporterebbe l'abbandono del bipolarismo, mentre un sistema elettorale come quello spagnolo consentirebbe invece di rafforzarlo migliorandone decisamente la qualità, senza peraltro richiedere alcuna modifica di carattere costituzionale.
      Intendiamo motivare queste affermazioni con un'attenta analisi dei due differenti modelli, del loro funzionamento nei rispettivi Paesi e del prevedibile funzionamento in Italia.

Il sistema elettorale tedesco.

      Come è fatto. Il sistema elettorale tedesco per l'elezione del Bundestag è proporzionale puro, salvo lo sbarramento.
      Ciascun partito presenta le proprie candidature per metà attraverso liste bloccate e per metà nei collegi uninominali-maggioritari a turno unico, ma il 100 per cento dei seggi è attribuito in ragione proporzionale in base ai voti ottenuti dalle liste di partito. Gli elettori esprimono due voti, ma solo il voto per le liste determina quanti sono gli eletti per ciascun partito, compresi quelli nei collegi uninominali. Il voto per i candidati nei collegi uninominali serve solo a determinare (in parte) quali sono gli eletti (tecnicamente il sistema tedesco è definito «proporzionale personalizzato»). Se in base al calcolo proporzionale un partito ha diritto, ad esempio, a 100 seggi e ha vinto 60 collegi uninominali, avrà diritto ad altri 40 eletti nelle liste. Vige pertanto il meccanismo dello scorporo che in Germania non viene mai eluso (diversamente da quanto accaduto in Italia con il cosiddetto «Mattarellum»).
      Se in un Land un partito vince un numero di collegi uninominali maggiore del numero di seggi ad esso spettanti in base al riparto proporzionale, mantiene quei seggi in più. In tal caso il numero dei seggi complessivi del Bundestag aumenta in modo corrispondente (la possibilità di seggi in sovrannumero, comporterebbe in Italia una modifica costituzionale).
      Affinché un partito sia ammesso al riparto dei seggi deve superare la soglia del 5 per cento dei voti a livello nazionale oppure vincere in almeno tre collegi uninominali.

      Come funziona in Germania. Essendo proporzionale puro (salvo sbarramento), il sistema elettorale tedesco «fotografa» la realtà esistente. In Germania ha finora fotografato la realtà di un sistema già bipolare per ragioni storiche, culturali e costituzionali. La messa fuori legge dei

 

Pag. 3

partiti estremisti negli anni '50 ha infatti favorito la formazione di due grandi partiti (CDU e SPD), ciascuno attorno al 40 per cento dei consensi, su cui si è finora basato il bipolarismo tedesco. Solo i leader di questi due partiti concorrono alla carica di cancelliere (liberali e verdi non sognano neppure di coltivare questa ambizione). Però, dopo l'unificazione, è bastato l'accesso al Bundestag di un quinto partito, il PDS (comunisti dell'est e socialisti di sinistra), per mettere in crisi il sistema: infatti né CDU più liberali né SPD più verdi raggiungono la maggioranza assoluta dei seggi, né - d'altro canto - i socialdemocratici accettano di allearsi con la sinistra estrema.

      Come funzionerebbe in Italia. Importato in Italia, il sistema elettorale tedesco non darebbe affatto vita ad un bipolarismo come quello tedesco, ma segnerebbe la fine del bipolarismo, fotografando la frammentazione del nostro sistema politico. Innanzitutto, lo sbarramento del 5 per cento potrebbe essere facilmente eluso attraverso aggregazioni elettorali che si scindono dopo il voto oppure attraverso il gioco delle desistenze, consentendo a soggetti minori di vincere in almeno tre collegi uninominali. Non solo: con l'elusione dello scorporo (utilizzando simboli diversi nell'uninominale e nel proporzionale) i seggi assegnati in sovrannumero rischierebbero di accrescere il numero dei parlamentari fino al 50 per cento in più. Ma, anche ammesso (e non concesso), che non si verifichi alcuna elusione o aggiramento della clausola di sbarramento, in Italia il sistema elettorale tedesco darebbe rappresentanza ad almeno sette partiti (Alleanza nazionale, Forza Italia, Lega Nord, Unione dei democratici cristiani e di centro, Democratici di sinistra, La Margherita, Rifondazione comunista). Senza alcun incentivo ad aggregarsi o a coalizzarsi, ogni partito si presenterebbe da solo, senza dar vita ad alleanze pre-elettorali e gli elettori non potrebbero scegliere direttamente il Governo. Gli esecutivi si formerebbero solo dopo il voto, in Parlamento. In particolare, non avrebbero interesse a stipulare accordi pre-elettorali i partiti che si collocano nel mezzo del continuum destra-sinistra dell'elettorato, mantenendosi così le «mani libere», disponibili a formare governi sia di centrodestra che di centrosinistra, con l'obiettivo di dar vita alla ricostruzione del «Grande centro» o, comunque, al «partito di mezzo».

Il sistema elettorale spagnolo.

      Come è fatto. Il sistema elettorale spagnolo è proporzionale, ma con alcune caratteristiche particolari.
      Il primo elemento è dato dalla dimensione limitata delle circoscrizioni. Esse coincidono con le cinquanta province spagnole. Considerando che i deputati del Congresso (cioè della Camera che esprime la fiducia) sono 350, il numero di rappresentanti che si eleggono in ogni circoscrizione è molto basso: varia da uno (solo a Melilla e Ceuta), fino agli oltre trenta di Madrid e Barcellona. In molte circoscrizioni i seggi sono due, tre o quattro. La media è di sette seggi. Agisce pertanto uno sbarramento implicito molto consistente che, insieme alla regola per la conversione dei voti in seggi costituita dal metodo «d'Hondt», tende a sovrarappresentare le formazioni più grandi a scapito di quelle più piccole.
      Il sistema, inoltre, non consente alcun recupero nazionale dei resti, cioè dei voti non utilizzati nelle singole circoscrizioni per conseguire dei seggi.
      La legge elettorale prevede anche una soglia di sbarramento formale del 3 per cento a livello circoscrizionale. Essa vale a escludere i partiti molto piccoli nelle circoscrizioni più grandi, come, ad esempio, quelle di Madrid e Barcellona. La soglia di sbarramento formale ha quindi effetti limitati.
      Questo sistema avvantaggia i partiti più grandi, favorendo pertanto l'aggregazione delle forze politiche più omogenee. Ma, allo stesso tempo, non penalizza le formazioni regionali i cui consensi sono concentrati in specifiche circoscrizioni e consente alle formazioni nazionali capaci di superare la soglia del 3 per cento in sede circoscrizionale di conseguire una rappresentanza

 

Pag. 4

parlamentare, sia pure di più ridotta consistenza.
      Quello spagnolo è dunque giudicato dagli studiosi il sistema proporzionale con maggiori effetti maggioritari, tra quelli delle principali democrazie occidentali (pur non avendo un formale premio di maggioranza).
      Un altro aspetto fondamentale del sistema (che spiega l'assoluta centralità assunta nel sistema politico spagnolo dai due maggiori partiti e dai rispettivi leader) è che per eleggere i componenti del Congresso i cittadini votano sulla base di liste «bloccate», senza voto di preferenza (che del resto è sconosciuto a tutte le maggiori democrazie dell'Occidente ed esiste solo in pochissimi Paesi al mondo). Di conseguenza la posizione dei leader risulta rafforzata e difficilmente messa in discussione dalla altrimenti inevitabile creazione di correnti interne organizzate capaci di minare la formazione di un'unità di indirizzo in seno ai partiti. Ma il numero molto basso di candidati che compongono le liste consente comunque un buon rapporto di conoscenza e di relazione tra elettori e candidati.

      Come funziona in Spagna. Proprio grazie alle caratteristiche del sistema elettorale, il sistema politico spagnolo, con le trasformazioni avvenute nel corso degli ultimi venti anni, è ormai caratterizzato da una dinamica sostanzialmente bipartitica e da un livello di frammentazione tra i più bassi d'Europa. Vi sono solo tre partiti nazionali (Partito popolare-PP, Partito socialista-PSOE e Izquierda unida) e tre o quattro partiti regionali rilevanti (Convergència i Unió de Catalunya-CIU, Partido nacionalista vasco-PNV, Coalición Canaria-CC e Esquerra Republicana de Catalunya-ERC). In particolare dalla metà degli anni '90 la Spagna presenta una marcata competizione e alternanza al potere tra i soli primi due partiti nazionali, PP e PSOE, ciascuno dei quali raggiunge consensi variabili tra il 35 e il 45 per cento (il che non esclude protagonismi e poteri di veto dei partiti minori sia nazionali che regionali, ma entro limiti molto contenuti).
      Del resto, in tutte le maggiori democrazie europee il bipolarismo funziona perché ruota attorno a due grandi formazioni, entrambe moderate, una di centrodestra, una di centrosinistra, capaci di raggiungere questo livello di consensi.
      Il progressivo affermarsi in Spagna di una dinamica sostanzialmente bipartitica è stato possibile grazie alle scelte strategiche e organizzative del PSOE prima e del PP poi, ma queste scelte sono state vincenti in particolare grazie alle caratteristiche del sistema elettorale (oltre alle norme e alle prassi costituzionali e al pragmatismo degli elettori spagnoli, che hanno sempre premiato i partiti moderati e le leadership forti e hanno invece penalizzato i partiti anti-sistema ed estremisti).

      Come funzionerebbe in Italia. Per essere introdotto in Italia, sia alla Camera che al Senato, il sistema elettorale spagnolo non richiede alcuna modifica costituzionale. Inoltre, le modifiche da apportare alla legge elettorale sarebbero pochissime e semplicissime. Diversamente da quanto sostenuto da alcuni, è molto semplice (come si vedrà) stabilire per legge le circoscrizioni, prendendo come riferimento le province.
      L'adozione del sistema spagnolo consentirebbe una nuova interpretazione del bipolarismo. Non avremmo né la continuazione del bipolarismo attuale (come con le modifiche limitate alla legge vigente) né il suo superamento (come con il sistema tedesco). Avremmo finalmente un bipolarismo maturo basato su grandi formazioni politiche, con una frammentazione molto ridotta, senza lasciare spazio alla ricostruzione del centro.

      La presente proposta di legge contiene le modificazioni alle norme per l'elezione della Camera dei deputati (articolo 1) e del Senato della Repubblica (articolo 2) volte ad introdurre un sistema proporzionale sul modello spagnolo. Le modificazioni essenziali sono semplici e limitate.
      Per quanto riguarda la Camera dei deputati viene modificato l'articolo 1, comma 2, del testo unico delle leggi recanti

 

Pag. 5

norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, prevedendo che la ripartizione dei seggi (salvo quelli assegnati alla circoscrizione Estero) sia effettuata in ragione proporzionale, ai sensi degli articoli 77 e 84, senza eventuale attribuzione di un premio di maggioranza. È inoltre sostituita la tabella A relativa alle circoscrizioni elettorali. Vengono stabilite circoscrizioni elettorali corrispondenti alle province, salvo i pochi casi in cui, effettuando la ripartizione dei seggi ai sensi dell'articolo 56, quarto comma, della Costituzione, il numero di seggi spettanti risulti inferiore a due. In tali casi la provincia è inclusa nella circoscrizione della provincia confinante della stessa regione che abbia il minor numero di abitanti, in modo che il numero dei seggi spettanti complessivamente alla circoscrizione non risulti inferiore a due. Le province cui spetterebbe un solo seggio e quindi da aggregare con le confinanti sono: Gorizia con Trieste, Isernia con Campobasso, Medio Campidano con Carbonia-Iglesias (entrambe con un solo seggio), Ogliastra con Nuoro. Il totale delle circoscrizioni è pertanto di 105 su 109 province (oltre alla Valle d'Aosta che rimane con un solo seggio), con una media di quasi sei seggi per circoscrizione.

      Il numero di seggi spettanti a ciascuna circoscrizione in base al censimento generale della popolazione del 2001 è il seguente:

          provincia di Alessandria 5, provincia di Asti 2, provincia di Biella 2, provincia di Cuneo 6, provincia di Novara 4, provincia di Torino 23, provincia del Verbano-Cusio-Ossola 2, provincia di Vercelli 2, provincia di Bergamo 11, provincia di Brescia 12, provincia di Como 6, provincia di Cremona 4, provincia di Lecco 3, provincia di Lodi 2, provincia di Mantova 4, provincia di Milano 32, provincia di Monza e della Brianza 8, provincia di Pavia 5, provincia di Sondrio 2, provincia di Varese 9, provincia di Bolzano 5, provincia di Trento 5, provincia di Belluno 2, provincia di Padova 9, provincia di Rovigo 3, provincia di Treviso 9, provincia di Venezia 9, provincia di Verona 9, provincia di Vicenza 9, provincia di Pordenone 3, province di Trieste e Gorizia 4, provincia di Udine 6, provincia di Genova 10, provincia di Imperia 2, provincia di La Spezia 2, provincia di Savona 3, provincia di Bologna 10, provincia di Ferrara 4, provincia di Forlì Cesena 4, provincia di Modena 7, provincia di Parma 4, provincia di Piacenza 3, provincia di Ravenna 4, provincia di Reggio Emilia 5, provincia di Rimini 3, provincia di Arezzo 4, provincia di Firenze 10, provincia di Grosseto 2, provincia di Livorno 4, provincia di Lucca 4, provincia di Massa Carrara 2, provincia di Pisa 4, provincia di Pistoia 3, provincia di Prato 2, provincia di Siena 3, provincia di Perugia 7, provincia di Terni 2, provincia di Ancona 5, provincia di Ascoli Piceno 2, provincia di Fermo 2, provincia di Macerata 3, provincia di Pesaro e Urbino 4, provincia di Frosinone 5, provincia di Latina 5, provincia di Rieti 2, provincia di Roma 40, provincia di Viterbo 3, provincia di Chieti 4, provincia dell'Aquila 3, provincia di Pescara 3, provincia di Teramo 3, province di Campobasso e Isernia 3, provincia di Avellino 5, provincia di Benevento 3, provincia di Caserta 9, provincia di Napoli 33, provincia di Salerno 12, provincia di Bari 13, provincia di Barletta-Andria-Trani 4, provincia di Brindisi 4, provincia di Foggia 7, provincia di Lecce 9, provincia di Taranto 6, provincia di Matera 4, provincia di Potenza 4, provincia di Catanzaro 4, provincia di Cosenza 8, provincia di Crotone 2, provincia di Reggio Calabria 6, provincia di Vibo Valentia 2, provincia di Agrigento 3, provincia di Caltanissetta 3, provincia di Catania 11, provincia di Enna 2, provincia di Messina 7, provincia di Palermo 13, provincia di Ragusa 3, provincia di Siracusa 4, provincia di Trapani 5, provincia di Cagliari 6, province di Carbonia-Iglesias e del Medio Campidano 3, province di Nuoro e dell'Ogliastra 2, provincia di Olbia-Tempio 2, provincia di Oristano 2, provincia di Sassari 4.

      Con la modifica all'articolo 19 del testo unico di cui al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957,

 

Pag. 6

viene previsto che nessun candidato possa essere incluso nelle liste con lo stesso contrassegno in più di tre circoscrizioni, salvo il presidente o il segretario del partito o gruppo politico, che ha la facoltà di presentarsi in una circoscrizione per ciascuna regione.
      Le modifiche agli articoli 77 e 84 del testo unico di cui al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 e l'abrogazione dell'articolo 83 del medesimo testo unico determinano le modalità di ripartizione dei seggi, ridefinendo i compiti, rispettivamente, dell'Ufficio centrale circoscrizionale e dell'Ufficio centrale nazionale. Viene introdotta una soglia di sbarramento pari al 3 per cento dei voti validamente espressi a livello circoscrizionale ai fini dell'ammissione delle liste alla ripartizione dei seggi. L'Ufficio centrale circoscrizionale provvede alla ripartizione di tutti i seggi spettanti a ciascuna circoscrizione con il metodo del divisore «d'Hondt» e proclama eletti, nei limiti dei seggi ai quali ciascuna lista ha diritto, i candidati compresi nella lista medesima, secondo l'ordine di presentazione.
      Qualora una lista abbia esaurito il numero dei candidati presentati in una circoscrizione e non sia quindi possibile attribuire tutti i seggi ad essa spettanti in quella medesima circoscrizione, l'Ufficio centrale nazionale assegna i seggi alla lista nelle altre circoscrizioni della stessa regione o, in mancanza, delle altre regioni, ove la stessa lista abbia i più alti quozienti non utilizzati per l'assegnazione dei seggi. Qualora ciò non sia possibile, per esaurimento dei candidati o assenza della lista nelle altre circoscrizioni, i seggi sono attribuiti nella circoscrizione originaria alle altre liste che abbiano ottenuto i più alti quozienti non utilizzati per l'assegnazione dei seggi.
      Da sottolineare che non è proposta l'abrogazione dell'articolo 14-bis del testo unico di cui al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, relativo alla possibilità dei partiti e gruppi politici di collegare in una coalizione le rispettive liste, presentando un unico programma elettorale ed un unico candidato come capo della coalizione medesima. Tale norma è mantenuta solo con finalità politiche e di trasparenza rispetto agli elettori, ma è del tutto priva di conseguenze per quanto riguarda i meccanismi di ripartizione dei seggi.
      Le modificazioni alle norme per la elezione del Senato della Repubblica sono del tutto analoghe a quelle relative all'elezione della Camera dei deputati. Meritano una specifica illustrazione le modifiche relative all'articolo 1, commi 1 e 2, del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533. Il comma 1 è modificato prevedendo che il decreto del Presidente della Repubblica con il quale sono ripartiti i seggi tra le regioni a norma dell'articolo 57 della Costituzione, sulla base dei risultati dell'ultimo censimento generale della popolazione, provveda anche alla ulteriore ripartizione dei seggi assegnati a ciascuna regione tra le circoscrizioni in cui essa è suddivisa sulla base di una apposita tabella (tabella 1) allegata al testo unico delle norme per l'elezione del Senato della Repubblica, di cui al citato decreto legislativo n. 533 del 1993. Le circoscrizioni corrispondono alle province, salvo che il numero di seggi spettanti sia inferiore a due. In tal caso la provincia è inclusa nella circoscrizione della provincia o delle province confinanti della stessa regione che abbiano il minor numero di abitanti, in modo che il numero dei seggi spettanti complessivamente alla circoscrizione non sia inferiore a due. Il numero di seggi spettanti a ciascuna circoscrizione è calcolato dividendo il numero degli abitanti della regione per il numero di seggi assegnati alla regione stessa e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti. Il numero totale delle circoscrizioni di tutte le regioni (salvo Trentino-Alto Adige e Valle d'Aosta per le quali rimane il sistema vigente) è pari a 80, con una media di quasi quattro seggi per circoscrizione. Il comma 2 è modificato prevedendo che l'assegnazione dei seggi tra le liste concorrenti è effettuata
 

Pag. 7

in ragione proporzionale, a norma degli articoli 16 e 17 del testo unico di cui al citato decreto legislativo n. 533 del 1993, senza eventuale attribuzione del premio di coalizione.

      Il numero dei seggi spettanti a ciascuna circoscrizione in base al censimento generale della popolazione del 2001 è il seguente:

          regione Piemonte, province di Alessandria e Asti 3, provincia di Cuneo 3, province di Novara e del Verbano-Cusio-Ossola 3, provincia di Torino 11, province di Vercelli e Biella 2; regione Lombardia, provincia di Bergamo 5, provincia di Brescia 6, provincia di Como 3, province di Cremona e Lodi 3, province di Lecco e Sondrio 2, provincia di Mantova 2, provincia di Milano 15, provincia di Monza e della Brianza 4, provincia di Pavia 3, provincia di Varese 4; regione Veneto, provincia di Padova 5, provincia di Treviso 4, province di Venezia e Rovigo 6, provincia di Verona 4, province di Vicenza e Belluno 5; regione Friuli Venezia Giulia, provincia di Pordenone 2, province di Trieste e Gorizia 2, provincia di Udine 3; regione Liguria, province di Genova e La Spezia 6, province di Savona e Imperia 2; regione Emilia Romagna, provincia di Bologna 5, provincia di Ferrara 2, province di Forlì, Cesena e Rimini 3, provincia di Modena 3, province di Parma e Piacenza 4, provincia di Ravenna 2, provincia di Reggio Emilia 2; regione Toscana, provincia di Arezzo 2, provincia di Firenze 5, province di Lucca e Massa Carrara 3, province di Pisa e Livorno 4, province di Pistoia e Prato 2, province di Siena e Grosseto 2; regione Umbria, provincia di Perugia 5, provincia di Terni 2; regione Marche, provincia di Ancona 2, provincia di Ascoli Piceno e Fermo 2, provincia di Macerata 2, provincia di Pesaro e Urbino 2; regione Lazio, provincia di Frosinone 3, provincia di Latina 3, provincia di Roma 19, province di Viterbo e Rieti 2; regione Abruzzo, provincia di Chieti 2, province dell'Aquila e di Teramo 3, provincia di Pescara 2; regione Molise, province di Campobasso e Isernia 2; regione Campania, provincia di Avellino 2, provincia di Benevento 2, provincia di Caserta 4, provincia di Napoli 16, provincia di Salerno 6; regione Puglia, provincia di Bari 6, provincia di Barletta-Andria-Trani 2, provincia di Brindisi 2, provincia di Foggia 4, provincia di Lecce 4, provincia di Taranto 3; regione Basilicata, provincia di Matera 2, provincia di Potenza 5; regione Calabria, province di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia 3, provincia di Cosenza 4, provincia di Reggio Calabria 3; regione Sicilia, provincia di Agrigento 2, province di Caltanissetta e Enna 2, provincia di Catania 6, provincia di Messina 3, provincia di Palermo 7, provincia di Ragusa 2, provincia di Siracusa 2, provincia di Trapani 2; regione Sardegna, provincia di Cagliari 3, province di Nuoro, dell'Ogliastra e di Olbia-Tempio 2, province di Oristano, Carbonia-Iglesias e del Medio Campidano 2, provincia di Sassari 2.

      L'articolo 16 del testo unico di cui al citato decreto legislativo n. 533 del 1993 è modificato prevedendo che l'Ufficio elettorale circoscrizionale (introdotto con una modifica dell'articolo 7) provveda alla ripartizione di tutti i seggi assegnati alla circoscrizione, tra le liste che abbiano conseguito almeno il 3 per cento dei voti validi espressi a livello circoscrizionale, con il metodo del divisore «d'Hondt». L'Ufficio elettorale circoscrizionale proclama eletti, nei limiti dei seggi ai quali ciascuna lista ha diritto, i candidati compresi nella lista medesima, secondo l'ordine di presentazione.
      L'articolo 17 del testo unico di cui al citato decreto legislativo n. 533 del 1993 viene modificato prevedendo che, qualora una lista abbia esaurito il numero dei candidati presentati in una circoscrizione e non sia quindi possibile attribuire tutti i seggi ad essa spettanti in quella medesima circoscrizione, assegni i seggi alla lista nelle altre circoscrizioni della regione, ove la stessa lista abbia i più alti quozienti non utilizzati per l'assegnazione dei seggi. Qualora ciò non sia possibile, per esaurimento dei candidati o assenza della lista nelle altre circoscrizioni, i seggi sono attribuiti nella circoscrizione originaria alle altre liste che abbiano ottenuto i più alti quozienti non utilizzati per l'assegnazione dei seggi.

 

Pag. 8